venerdì 25 settembre 2015

Top 100 FILM da vedere (dal n.79 al n.77)

79. Un volto nella folla (1957) di Elia Kazan

 Questi sono film da riscoprire, tutti da gustare in quella che definirei una stupenda rurale raffinatezza; c'è infatti questo magnifico contrappunto tra la seta delle immagini, la viva compostezza della scenografia, la teatrale intensa recitazione à la Stanislavsky da un lato, e l'atmosfera campestre e folk dall'altra, tra contrade di provincia e semplicioneria di floride cheerleaders e magnifiche vecchie sdentate con l'orecchio incollato alla radio. Gli attori con Kazan sputano fuori l'anima, senza lesinare sugli accenti acuti del loro personaggio; l'istrionico Andy Griffith è perfetto, così come Walter Matthau con la sua inconfondibile andatura ciondolante, ma spicca anche la dolcemente determinata Patricia Neal. Anche qui il soggetto è di Budd Schulberg, premio Oscar per il più celebre Fronte del porto. Con Kazan i due formarono un sodalizio artistico eccezionale, anche se politicamente deprecabile; collaborarono con il tristemente noto senatore McCarthy nella sua folle caccia alle streghe anticomunista, tanto che di loro disse un invelenito Orson Welles: "Hanno venduto i loro amici per comprare una piscina".

78. Harold e Maude (1971) di Hal Ashby


"Io non sono mai vissuto. Sono morto, qualche volta". Un diafano ragazzo col senso del macabro e una vecchietta supersprint, uniti da una insana passione per i funerali, incrociano le loro strade in una romantica commedia nera, capolavoro del cinema grottesco. Ashby riesce a imbastire un incredibile inno alla vita partendo dalle peggiori premesse, come solo i grandi narratori possono fare; il greve bozzolo di una esistenza da psicanalisi si trasforma assumendo i contorni della poesia più bella, bizzarra e anticonvenzionale, dispiegando le fragili ali di un amore gerontofilo. L'humour nero, denso di velenoso sarcasmo, fece storcere il naso a più di qualcuno, compreso il mio critico di riferimento Roger Ebert il quale affibbiò alla pellicola una misera stellina e mezzo. La coppia di protagonisti è ovviamente strepitosa, Ruth Gordon è adorabile.

77. Il pianeta delle scimmie (1968) di Franklin J. Schaffner


E' stato per lungo tempo uno dei miei guilty pleasures. Anni fa infatti non godeva di grande reputazione, se confrontato con i gioielli della sci-fi successiva; oggi viene riabilitato, complice il flop del pessimo remake firmato da Tim Burton. Provando a confrontare l'originale con la versione del 2001, infatti, si potrà considerare il paradosso che vede le moderne tecniche digitali - che hanno raggiunto livelli pazzeschi - soggiacere inesorabilmente al fascino della buona vecchia fantascienza di cartapesta (o quasi). Cioè, le atletiche super-scimmie di Burton risultano molto, ma molto più ridicole delle mitiche maschere di gomma del 1968. L'incipit di questo film, i primi venti-venticinque minuti che vedono l'ammaraggio di Taylor e compagni e la loro esplorazione di una vasta landa desolata, sono da antologia, e incollano lo spettatore alla sedia; anche la caccia agli umani è strepitosa, pur con tutti i suoi manichini volanti dai dirupi e le manganellate palesemente rallentate. Perfino i feticci lungo la Zona Proibita, quelle specie di spaventapasseri fatti a croce, riescono ad essere creepy, incutendo il giusto timore; c'è - come dire - la purezza della tensione. La genuinità di una sci-fi priva degli inganni al visus moderno; non è roba d'antiquariato, demodé, datata etc., è piuttosto fantascienza purissima, incontaminata, seminale. Charlton Heston, col suo torace villoso e il suo sorriso fatto di lisci sassi bianchi, è un semidio anche senza strafare con l'interpretazione; il ruolo gli è stato cucito addosso con perfezione, lui ci mette la barba, qualche salto e un paio di ceffoni, e il gioco è fatto. Dulcis in fundo: indimenticabili le musiche di Jerry Goldsmith, con quel pianoforte rapido, percussivo, folle, e quel tamburo profondo e rimbombante.

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