88. American Graffiti
(1973) di George Lucas
Un revival nostalgico e struggente con Richard Dreyfuss, Ron
Howard e Harrison Ford sbarbatelli. Impossibile non fare il paragone con la celebre
serie-tv Happy days (con qualche parolaccia in più), questo film è soprattutto
una coloratissima versione dell'eterna remora ad uscire dal nido.
Bellissimo e patinato, come del resto erano i roaring sixties, con le cadillac sfavillanti zeppe di liceali brillantinati in tempesta ormonale che dialogano da un finestrino abbassato all'altro per lunghi tratti di strada. Con i drive in dalle insegne al neon e le cameriere sui pattini, i balli di fine anno, i sorpassi, le pomiciate, i nerd, le bionde cotonate e i bulli con la giacca in pelle; la musica, va da sè, è semplicemente immortale. Tutto in una sola notte.
Bellissimo e patinato, come del resto erano i roaring sixties, con le cadillac sfavillanti zeppe di liceali brillantinati in tempesta ormonale che dialogano da un finestrino abbassato all'altro per lunghi tratti di strada. Con i drive in dalle insegne al neon e le cameriere sui pattini, i balli di fine anno, i sorpassi, le pomiciate, i nerd, le bionde cotonate e i bulli con la giacca in pelle; la musica, va da sè, è semplicemente immortale. Tutto in una sola notte.
87. L’assedio delle sette frecce (1953) di John Sturges
Magnifico western di taglio classico, con interpretazioni di
livello. Su tutti, ovviamente, William Holden (lo ritengo uno dei più grandi
attori di Hollywood, forse il migliore) ma ottime parti per Eleanor Parker
(fiera e flemmatica partigiana sudista) e John Forsythe, ai quali affiancherei
almeno il tandem umoristico di turno formato da William Demarest e William
Campbell.
La storia prende subito, amalgamando gli elementi più ghiotti del genere; guerra di secessione, guerre indiane, fortino nel deserto etc. Di grande impatto il momento clou del film, l'assedio sotto la pioggia di frecce mescaleros, che determina il canonico rimescolamento delle carte del destino. Bella anche la "morale disarmata" del film, quella che dalle retrovie delle sparatorie dà una luce tutta particolare; il soldato-poeta si auto definisce vigliacco, piagnucola, scappa e rifugge gli scontri, ma sarà proprio lui a decidere la sopravvivenza degli "eroi con la colt".
La storia prende subito, amalgamando gli elementi più ghiotti del genere; guerra di secessione, guerre indiane, fortino nel deserto etc. Di grande impatto il momento clou del film, l'assedio sotto la pioggia di frecce mescaleros, che determina il canonico rimescolamento delle carte del destino. Bella anche la "morale disarmata" del film, quella che dalle retrovie delle sparatorie dà una luce tutta particolare; il soldato-poeta si auto definisce vigliacco, piagnucola, scappa e rifugge gli scontri, ma sarà proprio lui a decidere la sopravvivenza degli "eroi con la colt".
86. Paradiso amaro (2011) di Alexander Payne
Payne mi piace. E' un regista con uno sguardo affilato sul
mondo, i suoi film hanno un grande senso estetico e i suoi attori adottano un
linguaggio aderente al reale. Tutto è colore, tutto è calmo e composto in
queste Hawaii affatto esenti da mali e sfighe d'ogni latitudine seppure
trasognanti nei languidissimi riff di chitarra e ukulele.
Non stravedo per George Clooney, ma qui è davvero eccezionale come strepitose
sono le sue giovani figlie Shailene Woodley e Amara Miller (doppiaggio
leggermente borgataro...).
Si piange parecchio, un pochino si ride, ma soprattutto si respira a pieni
polmoni l'amara bellezza della vita famigliare, che pur sfigatissima, pur
nell'accanimento dei mali sa trovare il modo di finire una serata sul divano a
guardare TV e mangiare gelato.
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