Il Bastardo d'Oro spetta probabilmente a nonno Smallweed, rachitico usuraio circondato dal suo asservito parentado, un personaggio che nel suo uncinare col dito come la chela di un'aragosta sembra poter uscire dal libro e lacerare da un momento all'altro la pagina. O lo schermo del kindle. Ma poi c'è la pletora dei parassiti sociali, dal "vecchio bambino" Skimpole, socratino da salotto, all'egocentrico lamentoso vecchio Turveydrop fino a Mrs Jellyby, tutta presa dalle missioni africane mentre i suoi figli sono allo stato brado. Oppure il piccolo circo degli alienati, da Miss Flite inghiottita dai cavilli e dalle scartoffie di eterne cause legali alla disprezzatissima moglie impazzita del vecchio Smallweed, dalla gelida e sospettosa Mrs Snagsby fino al pupazzesco Mr Bagnet che esprime pensiero soltanto attraverso le opinioni dell'esuberante moglie. I temi affrontati sono tanti ma riassumendo a grandi linee si possono individuare: la lentezza della macchina burocratica tribunalizia, ingombrante scoglio sul quale vive attaccato un microcosmo di esistenze "in attesa". Il riscatto del buon poverello (tema caro a Dickens), ricompensato dalla sua irreprensibile bontà d'animo, ma anche l'accusa al vetriolo fatta ad una società che esclude drammaticamente il povero, che vuole farlo solo e perennemente "circolare" come il ragazzo di strada Jo. L'irriconoscenza del protegé - il "pupillo" Richard - che si ribella al tutore per i propri interessi (che a legger oggi, viene quasi da parteggiare per il ribelle). O anche il fatto che siamo davanti a un archetipo della detective story, con un investigatore (Mr. Bucket) dai modi al contempo "vittoriani" (moderati, attenti all'etichetta) e spicci. Ci sono troppi cunicoli aperti in questo cosmo dickensiano, una vita non basterebbe per raccontarli come si conviene. Avete tutto il tempo, leggetelo. Take your time; io ci ho messo un anno, e ne è davvero valsa la pena. Un romanzo che ritengo non si potrà mai "padroneggiare" abbastanza; si può certamente "assaggiare" con una prima lettura, e magari chissà "assaporare" meglio con una seconda lettura (si narra di alcuni ardimentosi che hanno superato la terza lettura). Spero di aver reso l'idea. Detto questo, tolgo il cilindro, m'inchino con calcolata grazia e scompaio inghiottito dalla bruma londinese.
mercoledì 3 dicembre 2014
Da leggersi con umiltà, a lume di candela.
Casa Desolata di Charles Dickens
Il Bastardo d'Oro spetta probabilmente a nonno Smallweed, rachitico usuraio circondato dal suo asservito parentado, un personaggio che nel suo uncinare col dito come la chela di un'aragosta sembra poter uscire dal libro e lacerare da un momento all'altro la pagina. O lo schermo del kindle. Ma poi c'è la pletora dei parassiti sociali, dal "vecchio bambino" Skimpole, socratino da salotto, all'egocentrico lamentoso vecchio Turveydrop fino a Mrs Jellyby, tutta presa dalle missioni africane mentre i suoi figli sono allo stato brado. Oppure il piccolo circo degli alienati, da Miss Flite inghiottita dai cavilli e dalle scartoffie di eterne cause legali alla disprezzatissima moglie impazzita del vecchio Smallweed, dalla gelida e sospettosa Mrs Snagsby fino al pupazzesco Mr Bagnet che esprime pensiero soltanto attraverso le opinioni dell'esuberante moglie. I temi affrontati sono tanti ma riassumendo a grandi linee si possono individuare: la lentezza della macchina burocratica tribunalizia, ingombrante scoglio sul quale vive attaccato un microcosmo di esistenze "in attesa". Il riscatto del buon poverello (tema caro a Dickens), ricompensato dalla sua irreprensibile bontà d'animo, ma anche l'accusa al vetriolo fatta ad una società che esclude drammaticamente il povero, che vuole farlo solo e perennemente "circolare" come il ragazzo di strada Jo. L'irriconoscenza del protegé - il "pupillo" Richard - che si ribella al tutore per i propri interessi (che a legger oggi, viene quasi da parteggiare per il ribelle). O anche il fatto che siamo davanti a un archetipo della detective story, con un investigatore (Mr. Bucket) dai modi al contempo "vittoriani" (moderati, attenti all'etichetta) e spicci. Ci sono troppi cunicoli aperti in questo cosmo dickensiano, una vita non basterebbe per raccontarli come si conviene. Avete tutto il tempo, leggetelo. Take your time; io ci ho messo un anno, e ne è davvero valsa la pena. Un romanzo che ritengo non si potrà mai "padroneggiare" abbastanza; si può certamente "assaggiare" con una prima lettura, e magari chissà "assaporare" meglio con una seconda lettura (si narra di alcuni ardimentosi che hanno superato la terza lettura). Spero di aver reso l'idea. Detto questo, tolgo il cilindro, m'inchino con calcolata grazia e scompaio inghiottito dalla bruma londinese.
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