venerdì 20 febbraio 2015

Un tris d'assi tra gli Oscar del passato

CHE FILM, QUEI FILM (consigli di visione, tre per volta)
[n.03]

Un altro bel tris d'assi, per un magnifico weekend all'insegna del Grande Cinema; vista la concomitanza con la cerimonia degli Oscar, eccovi tre "best movies" del passato.
Buona visione.

Aurora (Sunrise: A Song of Two Humans, 1927)
Ad "Aurora" il primo Oscar della storia, conferito nel 1929

Quando si sente dire la parola "espressionismo" si può pensare a inaccessibili filoni della cultura cinematografica, per la quale è necessario lo studio matto e disperatissimo, il papillon, l'occhialino tondo e l'alzata di sopracciglio. L'espressione di un viso è quanto di più naturale esista al mondo; il cinema di Murnau, certo più figlio del teatro di quanto lo siano registi moderni, ricerca ossessivamente l'impatto di occhi e volto dell'attore sul pubblico, l'estetica di un sorriso etereo femminile o l'aria minacciosa di uno sguardo belluino da invasato. Dalla naturalezza dell'espressione viene creato dunque l' artificio dell'ismo; da questa esasperazione artistica Murnau trae la "creta" per modellare un capolavoro come Sunrise - A song of two humans, dove gli occhi sono protagonisti.
L'ambientazione coglie l'annosa dicotomia tra il bucolico, onesto e naturale humus della campagna, ed il cupo, corrotto e caotico spirito della città; il soggetto di Aurora è semplice e antico come la storia del giardino dell'Eden, dove al posto del serpente troviamo la donna ammaliatrice e perversa (stupenda Margaret Livingston, che danza un sabba vertiginoso ed erotico al chiaro di luna, e in un'altra scena scopre perfino spalla e schiena... nel 1927!!!).
La vicenda però non è così lineare come potrebbe sembrare; il titolo infatti punta chiaramente al trionfale disciogliersi delle tenebre, l'aurora redentrice e luminosa, ma per giungere all' approdo di un rassicurante happy ending lo spettatore deve essere provato dalla corda tesa della tragedia. I due "umani" della storia, marito e moglie, non passano per una semplice "crisetta", diciamo così (e non dico altro per risparmiarvi spoiler). Il percorso di riunificazione di due anime - per quanto sintetizzato 'artisticamente' nell' arco di tempo di un giorno e una notte - deve risanare un momento di gelida follia, e non sarà facile...
C'è spazio anche per l'ilarità che suscita la goffaggine campagnola della coppia immersa nel caos della città; grandiose le scene al salone del parrucchiere e al luna park, dove scoprirete la gioia segreta di guardare il primo piano di un maialino ubriaco.

Com'era verde la mia valle (How green was my valley, 1941) 
Il film vinse l'Oscar nel 1942

Ford pesca a piene mani dal vecchio romanzone di Llewellyn (che oggi campeggia ingiallito in ogni bancarella o robivecchi che si rispetti, fossile di un best-selling d'altri tempi) mettendo in scena la tragedia dei minatori gallesi a inizio secolo, in un mondo che volgeva verso l'industrializzazione spietata delle riduzioni salariali e dal licenziamento facile. Una fotografia nitida ed un cast di buoni attori dalla ciancicante parlata gallese (stendiamo un velo pietoso sul ridicolo doppiaggio italiano simil-meridionale, da taluni perfino celebrato...); bella e toccante la tormentata storia d'amore tra il pastore Gruffydd (Walter Pidgeon) e la giovane Angharad (Maureen O'Hara). Straordinario Donald Crisp nei panni del padre-patriarca, gran lavoratore, ferrea dignità e carattere, pezzo d' onestuomo.

I migliori anni della nostra vita (The best years of our lives, 1946)  

Questo film di Oscar ne vinse 7, tra cui la miglior regia a Wyler
Un film eccezionale, questo dramma di Wyler. Racconta del ritorno degli eroi, in particolare di tre militari sopravvissuti alla Grande Guerra sul fronte del Pacifico, in una cittadina della periferia americana. Qui riallacceranno i fili della loro vita interrotta, quella che si erano lasciati alle spalle dopo l'arruolamento; luoghi ed affetti immutati o cambiati, anche deteriorati o spenti, figli cresciuti.
L'interpretazione più toccante è quella riservata ad Harold Russell, attore non professionista e vero reduce di guerra, del quale noi italiani non possiamo non riconoscere subito l'inconfondibile, roco e romantico doppiaggio di Ferruccio Amendola. Egli è Homer, un marinaio che torna con due uncini al posto delle mani, e per quanto si sforzi di apparire normale nelle piccole cose quotidiane, soffre perchè non può accarezzare la sua amata...
Di gran spicco, a mio avviso, la prova delle attrici; un ruolo che richiede allo spettatore d'oggi lo sforzo minimo di immedesimazione nello spirito "americanamente virile" di quegli anni, tenendo per un attimo da parte il patrimonio di emancipazione femminile addivenire. La donna che scarrozza il marito a bere per i locali e lo mette a letto ubriaco sfatto, la figliola che studia con profitto amministrazione domestica; l'unico spirito libero risulta quello di Virginia Mayo, personaggio ovviamente negativo e adulterino, splendida nella sua figura da principessa del night. Ma al di là di queste doverose puntualizzazioni 'sociologiche', l'austera dolcezza di Myrna Loy rimane intatta, così come la tenerezza giovanile di Teresa Wright o l'intensa determinazione nuziale di Cathy O'Donnell, che intende sposare l'uomo che ama anche se mutilato. Da brividi le sequenze finali; a parte il solito ed inevitabile lieto fine romanzato, è impressionante la scelta di Wyler di tenere la telecamera impietosamente fissa sulle mani degli sposi, in una cerimonia dove le mani hanno un ruolo predominante (lo scambio degli anelli, il prete che chiede di prendere la mano dello sposo per il giuramento). E' un pezzo da antologia del cinema, se non da antologia del sentimento, quello vero, che si fa spazio anche nel doloroso e nel grottesco.  

martedì 10 febbraio 2015

I tabù, il tempo, la malinconia

CHE FILM, QUEI FILM (consigli di visione, tre per volta)
[n.02]

Ecco un altro magnifico trio di film che vi consiglio di tutto cuore. Tre pellicole che hanno ben poco in comune, se non un fondo di magica bellezza. Meglio, no? L' eterogeneità dei temi trattati è ulteriore garanzia per una visione del bello non seriale e quindi non ripetitiva.

mercoledì 4 febbraio 2015

Velieri, velocipedi e vampiri

CHE FILM, QUEI FILM (consigli di visione, tre per volta)
[n.01]

Inauguro qui una rubrichina cinematografica dove consiglierò - in modo per lo più casuale - tre film tra quelli che ho amato di più.
Le uniche regole che seguirò nella scelta dei tre titoli: consiglierò solo film da me valutati come grandi o grandissimi, saranno anteriori agli anni '90 (con particolare predilezione per i film più vecchi) e saranno di tre registi differenti.
Ogni film verrà presentato con un breve commento pescato tra le mie recensioni di nientepopcorn.That's all, folks! Buona visione.