Berlino (DE), 1892 - Los Angeles (CA), 1947
FILMOGRAFIA SCELTA:
Matrimonio in quattro (The Marriage Circle), 1924
Commedia muta degli equivoci in una Vienna color seppia, in cui è ben
riconoscibile il tocco à la Lubitsch, raffinato e particolare. Una
inquadratura fatta di inserti, dal piede in una ciabatta ad una
colazione sul tavolino, sequenze brevi che raccontano tutto con un paio
di immagini.
Al centro della storia spicca un brillante quartetto di glorie del muto, con la civettuola "bellezza al bagno" Marie Prevost affiancata al mustacchiato Adolphe Menjou, e la virginea Florence Vidor sposina di un azzimato Monte Blue con paglietta e cravattino.
Al centro della storia spicca un brillante quartetto di glorie del muto, con la civettuola "bellezza al bagno" Marie Prevost affiancata al mustacchiato Adolphe Menjou, e la virginea Florence Vidor sposina di un azzimato Monte Blue con paglietta e cravattino.
Mancia competente (Trouble in Paradise), 1932
Amori e truffe tessono l'ordito tra i sontuosi palazzi della frivola noblesse a sangue blu, con una simpatica Miriam Hopkins, una languida Key Francis e il perfetto ladro galantuomo Herbert Marshall. Il prezioso bianco e nero di Lubitsch è davvero
un merletto; notevoli le inquadrature del piano sequenza iniziale, in
un alternarsi di interni ed esterni lungo i canali di Venezia, in cui
tutto ci viene raccontato con deliziosa sintesi spaziotemporale. Il tono
civettuolo e salottiero di questa commedia sofisticata si addice
perfettamente al modello di cinema lubitschiano.
Partita a quattro (Design for Living), 1933
Dal taglio dei dialoghi e dalle inquadrature che indugiano sugli interni
si capisce subito il respiro teatrale di quest'opera. Una commedia
sofisticata firmata Noel Coward e "griffata" Lubitsch, cineasta del
dettaglio, pettegolo e raffinato. Il quartetto dei protagonisti è
veramente d'alta scuola, con al centro l'effervescente Miriam Hopkins
attorno alla quale ruotano gli eleganti Gary Cooper e Frederic
March, ed il caratterista (delizioso!) Edward Everett Horton.Una storia moralmente libera e assolutamente frivola, un po' la famosa goccia che fa traboccare il vaso dell'ira repubblicana, la quale fece calare negli anni a seguire la scure della censura con il famigerato "Codice Hays".
Vogliamo vivere! (To Be or Not To Be), 1942
Probabilmente è il capolavoro di Lubitsch, questo grandioso cineasta di cui oggi si è
drammaticamente sbiadito il ricordo. Resta ovviamente un punto di
riferimento per i cinefili, ma egli nasce come regista per un pubblico
popolare, anche nelle sue commedie più sofisticate, maestro del comico
raffinato con un pizzichino di lascivia, irriverente con classe. Qui
affronta con naturale brillantezza la tragedia dell'invasione nazista
della Polonia intrecciando una storia di spionaggio con gli artifici del
teatro, mediante la geniale intuizione della recitazione a fini
spionistici che apre un mondo di equivoci e soluzioni umoristiche.
Ottimi Jack Benny e Carole Lombard, ma trovo soprattutto irresistibile
la prova del caratterista di turno, Sig Ruman, con il tormentone del
capro espiatorio "Schultz!"
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