John Huston

John Huston
Nevada (MO), 1906 - Middletown (RI), 1987

FILMOGRAFIA SCELTA:

Il tesoro della Sierra Madre (The Treasure of Sierra Madre), 1948
Lo definirei l' El Dorado del cinema d'avventura. Imperdibile gioiello di Hollywood, entrato già alla prima visione prepotentemente nella mia top ten personale; John Huston ci narra della febbre dell'oro a partire dalla vita grama di un trio di vagabondi americani che sbarca il lunario tra elemosina e lavoracci giù a Tampico, nello stato messicano di Durango. Tre vite in cerca di riscatto, tre avventurieri pronti ad affrontare un lungo viaggio attraverso la sierra incendiata dal sole, pullulante di tigri (così vengono impropriamente chiamati i felini messicani, puma o giaguari che siano, anche nello script originale) e banditi (un Alfonso Bendoya degno del miglior Sergio Leone), pur di scavare le ricche viscere dorate della montagna. Ma oltre alla mitica sabbia luccicante troveranno il démone della cupidigia, che può spingere fino alla follia...
Interpretazioni a dir poco colossali; partendo dal gradino leggermente più basso del podio (ma parliamo sempre di quote siderali) metto Tim Holt dagli occhi bovini, apprezzatissimo rampollo dei magnifici Amberson di Welles, qui nel ruolo del buon ragazzone squattrinato dallo sguardo timido. Ad un passo dalla vetta il roccioso Bogart, magnificamente fuori dai suoi canoni; le prende, ha un caratteraccio e compie l'involuzione da hero a villain. In cima, paparino. Già, il signor Walter Huston attore di lungo corso, padre del  ben più famoso regista, qui incarna alla perfezione il vecchio cercatore d'oro, rude e legnoso ma buono e saggio, calmo quando c'è aria di tempesta. Secondo me, eccezionale.
John Huston non è un regista che cerca la sorpresa visiva, ma intaglia come un navigato artigiano la trama, impreziosendola con il primato della recitazione. Efficace, lineare e probabilmente insuperabile nelle storie d'avventura.

L'isola di corallo (Key Largo), 1948
Gangster movie tropicale firmato Huston, con un bel plot in cui criminali e ostaggi sono bloccati in un albergo scosso dall' uragano. Come spesso mi capita, la miglior impressione non mi viene dai protagonisti - il laconico Bogart, la fredda Lauren Bacall e il "piccolo Cesare" Edward G. Robinson - ma dalle seconde file: straordinaria Claire Trevor (Oscar meritatissimo) nel suo umiliante e sofferente "Moanin' low", ottimo anche Lionel Barrymore, combattivo buon locandiere costretto in una sedia a rotelle.
Il film non è piaciuto molto ai criticoni nostrani perchè risulta un po' "verboso" e "retorico"; facendo a meno del doppiaggio si ovvia al primo problema, quanto al secondo oh, è pur sempre un film del '48, la terra ancora scottava di guerra, che pretendono.
Inoltre, restando su un tono vagamente polemico: va bene che suonava esotico, ma non si capisce bene dov'è sto "corallo" voluto dai titolisti italiani.
Nello stesso anno Huston lanciava il suo capolavoro, Il tesoro della Sierra Madre, film di bellezza irraggiungibile; questo Key Largo certo è un fratello minore, ma l'atmosfera appiccicosa del sud si sente tutta, e l'esilio del gangster a proibizionismo ormai finito è un tema non usuale. 

Giungla d'asfalto (The Asphalt Jungle), 1950
Un classico della rapina con scasso, sorretto dalle quadrangolari interpretazioni di Sterling Hayden e Louis Calhern; una Marilyn Monroe ocheggiante decisamente in un ruolo di secondo piano, molto meglio la dolce Jean Hagen. John Huston "asfalta" tutto, personaggi e relazioni, con un finale decisamente tragico. 

La Regina d'Africa (The African Queen), 1951
La Regina d' Africa è una carretta che percorre il fiume Ulanga con a bordo un capitano simpatico e ubriacone di nome Mr. Allnut. Durante l'occupazione nazista dell'Africa Orientale porta con sè Miss Sayer, sorella di un predicatore metodista ora in fuga dalla missione distrutta, che si rivela inaspettatamente una intrepida avventuriera. Amore e avventura nella giungla africana, con un divertente Bogart nei panni dell'eroe controvoglia, e l'algidissima Hepburn dagli zigomi d'acciaio.

Gli spostati (The Misfits), 1961
La dea triste di Hollywood splende in tutta la sua tormentata dolcezza in questo suo ultimo film, scritto dal marito Arthur Miller per la regia di John Huston. Donna oggetto o donna materna salvatrice, Marilyn è sempre di una leggerezza sempre intensa, mai stupidamente frivola; qui sfugge con disperata grazia ai canoni della violenta maschilità cowboy, non si lascia domare come i mustang delle montagne nelle epiche scene nel deserto del Nevada, urla tutta la sua rabbia in faccia a Gable, Clift e Wallach. L’icona sexy chiude una, due, tre volte l’anta dell’armadio dove campeggia la sua foto con la posa più classica, non riesce a liberarsi del peso schiacciante della sua incomparabile bellezza. Bellezza e morte. Disperante.


La notte dell'iguana (The Night of the Iguana), 1964
Tennessee Williams è stato un grande autore anche al di là dei palcoscenici, grazie alla confluenza con la golden age di Hollywood; registi di spicco come Kazan, Mankiewicz e Huston lo hanno portato su pellicola con risultati sempre ottimi. In questo sensuale e tormentato Night of the Iguana ci troviamo in uno sperduto albergo dentro a un lussureggiante palmeto messicano, a pochi passi dalla spiaggia, dove il prete dimissionario Richard Burton porta in gita una comitiva di parrocchiane. La circostanza comica e alquanto surreale nasconde però un dramma intimo tra crisi spirituale e poesia crepuscolare, si rivela una autentica passeggiata a piedi nudi sui vetri dove emergono la figura dolcemente maliziosa di Deborah Kerr e soprattutto quella fiera e libertina della splendida Ava Gardner.

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