lunedì 19 ottobre 2015

Top 100 FILM da vedere (dal n.49 al n.47)

49. Captain Phillips (2013) di Paul Greengrass

Alta tensione e suspense fino alla fine. Un film d'azione condotto con maestria, superiore ai livelli medi del genere perché più intelligente e meno muscolare. I pirati somali, l'equipaggio e i navy seals sono assolutamente verosimili, Tom Hanks poi è davvero superlativo. Non c’è molto da aggiungere se non: guardatevelo, vi terrà incollati alla sedia per due ore e più.

48. Il grande Lebowski (1998) di Joel e Ethan Coen


Gli anni Novanta hanno sfornato tonnellate di blockbusters, ma nel pelago del mediocre entertainment si sono fatti strada titoli destinati all'eternità. Uno di questi è l'esilarante Lebowski dei Coen, ambientato nel sottobosco umano della California più suburbana, tra pigri e panciuti campioni del fancazzismo. Vestiti sciattamente (come dimenticare quelle scarpette da mare in gomma beige), dotati di una proprietà lessicale da bignami del sussidiario elementare (con punte paradossali di perle filosofiche), Lebowski e i suoi strampalati amici del bowling vengono risucchiati in un tipico plot da racconto hard-boiled, dove l'avvenente bionda moglie del milionario scompare e l'alcolico improvvisato "detective" privato di turno si mette in qualche modo (anzi, viene messo suo malgrado) sulle sue tracce. Rivedere questo film è un atto gioioso. Forse di quel Turturro in completo rosa, di quel Buscemi classico idiota o di quel lacchè di un Seymour Hoffman ne avevi a suo tempo ingigantito la portata umoristica, e col senno di poi li trovi un po' meno brillanti. Ma Jeff Bridges resta un irresistibile fumatissimo sbandato, e John Goodman - oh-my-God! John Goodman! - riguardatevelo con quei braghini, quei calzini e quegli occhialoni sotto al taglio da marine, quale magnifico, colossale personaggio è uscito da quelle trippe! Un mostro di comicità, isteria, tenerezza. Adorabile. Un po' come accadde per Blues Brothers, 'Il grande Lebowski' è sempre stato considerato un cult-movie; le scene che sono rimaste nel mito sono quelle lisergiche, quei trip assurdi che ricordano gli elefanti rosa di Dumbo, nonchè ogni gag o situazione che sottolineasse lo scazzo allo stato larvale del protagonista. A quarant'anni magari passa la voglia di identificarsi con lo sbandatone giuggiolone, e forse ci si può gustare con più attenzione le piccole meraviglie disseminate dai Coen lungo la pellicola. Sì, certamente un mito, ma anche e soprattutto un magnifico film, coloratissima parodia delle detective stories losangeline.

47. Hannah e le sue sorelle (1986) di Woody Allen


Forse il più maturo dei film di Allen, sicuramente tra i più intensi. Alterna gag spumeggianti a piccole gemme di drammaticità, in un equilibrio perfetto. La coralità del trio di sorelle garantisce tre magnifiche sponde per esplorare vita coniugale, tradimenti e insuccessi; ad esse si accompagnano la più riuscita interpretazione dell'ipocondriaco Woody e la flemma britannica, con rari e contenuti eccessi di temperamento, di un ottimo Michael Caine. Soprattutto, qui straborda il genio dietro alla cinepresa. Le inquadrature si sono raffinate raggiungendo il vertiginoso grado "oltre la perfezione", superiore perfino al bianconero laccato di Manhattan, un po' grazie anche al tocco magico di un colore freddo e piovoso. Eppure, nonostante l'aura di perfezione (chissà, forse proprio per questo!) continuo a preferirgli il più scanzonato Radio Days.
C'è una forza struggente negli standard suonati al piano dal vecchio genitore, un attempato Lloyd Nolan alla sua ultima interpretazione.

Nessun commento:

Posta un commento