giovedì 19 novembre 2015

Top 100 FILM da vedere (dal n. 31 al n. 29)

31. Quasi famosi (2000) di Cameron Crowe

Un Crowe davvero ispirato ha colto pienamente lo spirito degli anni crepuscolari del rock in una commedia divertente e coloratissima. Kate Hudson è un angelo in stato di grazia; impossibile non intenerirsi del suo personaggio, riesce a trasmettere dolcezza perfino mentre sta vomitando nella vasca da bagno sulle note di My cherie amour. Ottimo Seymour Hoffman nei panni di Lester Bangs, ogni sua battuta sarebbe da incorniciare. Eccezionale Frances McDormand nei panni di una madre che non è la classica "casalinga in grembiule": paranoica ma in fondo dolce, aggressiva quando ce n'è bisogno, con i figli ne sbaglia una dietro l'altra, donna di cultura (insegnante) ma con un forte tabù sul mondo rock e le sue degenerazioni che la spingono ad essere ridicola. Fugace la meteora di Patrick Fugit, nei panni del giovane giornalista rock, ad oggi più o meno non pervenuto nello star system.

30. The Departed (2006) di Martin Scorsese

Una storia di infiltrati che va stratificandosi, e ad ogni strato lo spettatore prende una posizione diversa sullo stesso personaggio: "E' dei buoni? O è dei cattivi?". Fino ad un finale ricco di colpi di scena (e di revolver).
Il cinema contemporaneo, lo sappiamo, ha ormai da tempo abdicato alla netta e disneyana divisione tra hero e villain, e nell'ampio registro di queste sfumature si inserisce come un meccanismo ad orologeria questa suprema opera di Scorsese. Una perfetta combinazione di azione ed intreccio, la trama fila dritta come un treno e l'adrenalina è costantemente a mille. La tracklist dei commenti musicali, come in generale tutto il gioco dei suoni è una goduria; il montaggio è davvero da Oscar, ogni tessera del mosaico è un colpo di genio.
Jack Nicholson e Di Caprio spaccano di brutto. Scorsese è una garanzia.

29. Insider – Dentro la verità (1999) di Michael Mann

Stupendo film che scruta i meccanismi del giornalismo d'inchiesta con le tinte fosche del thriller psicologico, seguendo il solco del Quinto Potere di Lumet. Mann è un eccezionale narratore ma allo stesso tempo un esteta della settima arte; la sua peculiarità sta nel dare a un racconto essenziale e sincopato scenari di gran magnetismo, un laboratorio continuo di luce e colore, cercando sempre un leggero contrasto di originalità, dalle angolature della camera ai sottofondi musicali. Al Pacino qui è semplicemente immenso. Il suo reporter Lowell Bergman manda in frantumi i pixel dello schermo, non si può contenere nei canoni di una interpretazione; i suoi occhi sono puro cinema, la sua voce è puro cinema (dategli ogni tanto la grazia di potervi parlare senza doppiaggio), tutto parla di un uomo, non di un attore alle prese con la sua parte. Praticamente un miracolo di transustanziazione cinematografica. Grandiosi anche Christopher Plummer, che ha la difficoltà in più di un ruolo ambiguo, e il paranoico Russel Crowe, la cui carriera nel mainstream non gli ha impedito di dimostrare che con il cinema di classe ci sa fare.

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