martedì 17 marzo 2015

Inferno, Canto XII. Mistiche frane e mitologiche finestre


Virgilio spacca. No, dico, li mette a posto proprio tutti questi custodi infernali! Stavolta è il turno del celebre Minotauro (l'infamia di Creti), mitologico guardiano taurino del Labirinto di Cnosso, il quale alla vista dei due viandanti fa fumo dal naso (il topòs cartoonistico è mio). Il poeta mantoano gli dice di darsi una bella calmata e di filar via, ché Dante non è mica Teseo (colui che uccise il minotauro nel labirinto). Punto sul vivo dal virgiliesco sarcasmo, il mostruoso essere perde le staffe, ma come già visto per altre creature infernali, sfoga la sua rabbia con frustrante velleità (avete presente il tipico calcio alla sedia nei film).
I due scendono per una ripa scoscesa e Dante nota che il paesaggio è tutto in rovina, come dopo una frana. Virgilio, telepatico as usual, gli legge nel pensiero -Tu pensi forse a questa ruina...- sottolineando che al suo primo viaggio per quei luoghi (remember Eritone) non era tutto così sconquassato. Fu il tremendo terremoto che precedette la discesa agli inferi del Cristo a metter a soqquadro la morfologia infernale; da tutte parti l'alta valle feda tremò sì, ch'i' pensai che l'universo sentisse amor, per lo qual è chi creda più volte il mondo in caòsso converso. Le oscure parole di Virgilio, che coniugano l'amore al terremoto al caos, alludono alla dottrina di Empedocle. Via si googla.
Il dottor Empedocle di Agrigento sosteneva che le quattro "radici" naturali (aria, acqua, fuoco e terra, più tardi con Platone denominati "elementi") vengono disunite e ricomposte da due forze eguali e contrarie in eterna tensione, Odio e Amore. Ma il caos non viene determinato – come si può supporre di primo acchito – dalla disgregazione, che tiene invece le cose chiaramente distinte, bensì proprio dall'amalgama, dall'ammassamento della materia operato dall'Amore. Da qui l'intuizione di quel sismologo empedocleo d'un Virgilio.
Lo sguardo di Dante ora viene spinto oltre (Ma ficca li occhi a valle), ove scorre il Flegetonte, fiume di sangue bollente dove stanno i violenti.
Oh cieca cupidigia e ira folle, che sì ci sproni nella vita corta, e ne l'etterna poi sì mal c'immolle!
L'istinto belluino dell'uomo, il raptus violento che dallo schiaffo al bambino alle tante arance meccaniche di ogni latitudine conosce una triste infinita gamma di sfumature. Cosa c'è di peggio della violenza? Cosa può esserci di peggio dell'aggressione, specialmente nei confronti di chi non si sa difendere? Quando leggo dei pestaggi ad opera delle baby gang mi si accappona la pelle. A volte mi pare di vivere in un mondo ostaggio della violenza e della sopraffazione, eppure c'è così tanta Bellezza, se solo potessimo toccare la mente e il cuore di tanti ragazzini, strapparli al culto idolatra della violenza... Dio benedica chi educa alla pace, specialmente nelle periferie ribollenti del mondo!
Torniamo a Dante. Dalle pareti rocciose intorno ad un' ampia fossa in arco torta giunge un drappello minaccioso di centauri armati. Sono guidati da Chirone, Nesso e Folo, i quali si accorgono dell'essenza terrena di Dante dal fatto che i sassi rotolano sotto i suoi piedi (siete voi accorti che quel di retro move ciò ch' el tocca?). Alla spiegazione di Virgilio sulla natura e lo scopo del viaggio dantesco, Chirone ordina a Nesso di far loro da guida perchè nessun altro si frapponga al loro cammino (fa cansar s'altra schiera v'intoppa). Il centauro Nesso nella mitologia greca fu colui che commissionò in punto di morte con una menzogna la morte di Ercole, il quale lo aveva trafitto con una freccia avvelenata perchè cercava di rapire la sua amata Deianira. Per vendicarsi del suo uccisore infatti Nesso ingannò Deianira dicendole che se lei avesse preso il suo sangue e con esso avesse intinto una veste, la stessa se indossata dall'amato avrebbe magicamente reso immortale il loro amore. Invece, quando per gelosia Deianira fece indossare a Ercole la camicia di Nesso, essa causò dolori talmente lancinanti da spingerlo al suicidio. Al quale seguì subito quello di lei, distrutta dai rimorsi. Hai capito le tragedie greche, quanto son tragiche. E greche.
Come gli altri, anche questo Canto presenta una serie incredibile di finestre sul mondo classico; è la stratificazione con cui è costruita questa Commedia a renderla straordinaria. Ogni metro è un pozzo di cultura a cui attingere. Che fantastico viaggio, questo Inferno!
Si chiude con l'elenco dei tiranni che bollono nel punto più profondo del Flegetonte, da Alessandro ad Attila. E mi sa che dal Novecento ad oggi si sono aggiunti parecchi altri, di compagni di scarlatta bollitura.

 
Che cosa si era già scritto:

Nessun commento:

Posta un commento