di retro guarda e fa
retroso calle.
Dante e Virgilio giungono a un vallon tondo dallo scoperto
fondo dentro il quale procede una schiera di dannati, lenta e
regolare come una processione religiosa.
Dante si commuove nuovamente per la condizione grottesca degli indovini, condannati ad avere il capo travolto, completamente girato, al punto che in dietro venir li convenìa perchè 'l veder dinanzi era lor tolto. Usa poi una immagine da commediaccia buffonesca, mirabilmente oscena, che astutamente punta al rimanere ben ficcata nella mente dei lettori: infatti con l'espressione 'l pianto de li occhi le natiche bagnava per lo fesso, seguiamo tra l'imbarazzato e il faceto il rigagnolo delle lacrime scorrere tra le chiappe dei dannati. Oh, beh!
Dante si commuove nuovamente per la condizione grottesca degli indovini, condannati ad avere il capo travolto, completamente girato, al punto che in dietro venir li convenìa perchè 'l veder dinanzi era lor tolto. Usa poi una immagine da commediaccia buffonesca, mirabilmente oscena, che astutamente punta al rimanere ben ficcata nella mente dei lettori: infatti con l'espressione 'l pianto de li occhi le natiche bagnava per lo fesso, seguiamo tra l'imbarazzato e il faceto il rigagnolo delle lacrime scorrere tra le chiappe dei dannati. Oh, beh!
Ed
ecco Virgilio il tosto, pronto
a calare la sua secchiata
d'acqua fredda sulla
compassione del poeta: "Ancor
se' tu de li altri sciocchi? Qui vive la pietà quand' è ben morta".
La frase di Virgilio è vagamente oscura e ha scatenato una ridda di
interpretazioni. Molti
chiamano in causa
la
questione semantica, dove per pietas
non si intende la misericordia, ma si fa riferimento alla famosa
pietas di Enea - la cui paternità peraltro appartiene
proprio a
Virgilio - che significa più integrità, devozione, senso del dovere
(verso Dio,
la patria,
la
famiglia etc). Questa è la
pietà ben morta, nel
senso che è morta bene, in modo tale che ora può rivivere; in
questo senso quel "qui"
avrebbe più il senso lato di aldilà, che non di bolgia infernale in
senso stretto. Insomma non è più il tempo dell'umana passione,
quando ormai è sopraggiunto il giudizio divino. Drizza la
testa, drizza e vedi: a Virgilio
preme che Dante sia un testimone verace, che la sua testimonianza non
venga ammorbidita nè offuscata dalle lacrime del suo spontaneo sentimento.
Parte
la consueta rassegna di illustri peccatori, iniziando da Anfiarao,
altro reduce dei sette di Tebe come l'indomito Capaneo (v. CantoXIV), che predicendo l'infausto esito della battaglia provò a
darsela a gambe ma gli andò storta. Quindi è la volta del ben più
celebre Tiresia, che uno quando sente il nome si chiede: "Ah
perchè, non era una donna?" e la domanda è lecita per
quanto possa apparire superficiale, in quanto siamo di fronte al
primo transgender della storia. Tiresia infatti durante una
escursione vide sue serpenti avvinghiati; disgustato, colpì la
femmina con un bastone e... zacchete! "Operato" seduta stante
divenne donna e rimase in tale condizione per sette anni, fino a
quando la scena non si ripetè "al contrario", ovvero stavolta l'indovino percosse il
maschio e tornò al sesso di origine (ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga, che riavesse le maschili
penne).
Segue
Arunte,
vaticinatore del trionfo di
Cesare, e a chiudere la prima
serie la maga Manto, il cui
nome è mitologicamente legato alla città natale di Virgilio,
Mantova. Il poeta latino coglie la palla al balzo per ripercorrere un
po' le origini del mito e fare una lunga e sentita digressione
geografica dei suoi luoghi. Con una affascinante immagine ci porta
dalle acque del lago Benaco (Garda) al corso del Mincio – Ivi
convien che tutto quanto caschi ciò che 'n grembo a Benaco star non
può, e fassi fiume giù per verdi paschi. - lungo
il quale indica una zona
acquitrinosa
disabitata ove la vergine cruda dopo
tanto girare decise di stabilirsi con
la sua servitù a
far sue arti. Quando ella rese l'anima, gli
uomini fer la città sovra quell'ossa morte, conferendole
il suo
nome ad memoriam ma di fatto mettendo una
pietra tombale
sopra a tutti quei sortilegi (Mantua l'appellar sanz'altra
sorte).
Virgilio avvisa Dante che
questa soltanto è la verità e che
ogni altra storia è frode (questo avviso appassionato ricorda un po'
il Canto precedente, in cui Dante chiedeva
al lettore di diffidare di altre versioni riguardo l'episodio del
salvataggio alla fonte battesimale); uno
scodinzoloso Dante rassicura
il suo maestro
con un po' di bella piaggeria: i
tuoi ragionamenti mi son sì certi e prendon sì mia fede, che li
altri mi sarien carboni spenti.
La seconda serie di indovini col torcicollo mostra il barbuto
Euripilo, che è un personaggio dell'Eneide; il nominare questa alta tragedia fa
gongolare un po' Virgilio il quale non manca di sottolinearne
l'approfondita conoscenza di Dante (...tu che la sai tutta
quanta). Infine con un salto temporale e geografico giungiamo a
Michael Scot, Guido Bonatti, Asdente che a saperlo avrebbe continuato
a far il calzolaio, nonchè un gruppo di streghe che fecer malie con erbe
e con imago. Ma chiudiamola qui, che il Virgilio ha fretta di proseguire...
Nessun commento:
Posta un commento