mercoledì 27 maggio 2015

Inferno, Canto XVIII. Mimesi volgare


Pare che anche Dante sia stato a Roma per un Giubileo, precisamente quello dell'anno 1300.
Lo testimonierebbe il passo in cui il poeta, lodando la gestione del traffico a due direzioni di marcia delle anime infernali nelle malebolge, fa un (ardito!) paragone con l'organizzazione dei romani riguardo l'afflusso dei pellegrini nell'Anno Santo attraverso il ponte di Castel Sant'Angelo. Innocente associazione di immagini o stoccatina alla Roma papalina? Chissà. In un modo o nell'altro, anche oggi si usa dire comunemente "bolgia" per definire una calca di gente, siano essi tifosi del Maracanà o pellegrini di Lourdes.

Di qua, di là, su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro. Ecco che i vigili urbani delle malebolge si distinguono per i loro metodi poco ortodossi. In questa confusa scena di cruenta pastorizia Dante riconosce un volto tra la folla delle anime scudisciate; questi cerca di reclinare lo sguardo vergognoso (celar si credette bassando 'l viso), ma Dante lo ha identificato in Venedico Caccianemico, guelfo bolognese reo di aver venduto la sorella Ghisolabella al marchese di Ferrara. Venedico non va certo fiero di questa sconcia novella ma cerca l'attenuante del mal comune mezzo gaudio, dicendo di non essere il solo bolognese castigato per l'eternità, giacchè la città è ben nota per il suo avaro seno
Irrompe un demonio facendo schioccare la sua frusta, ricordando la colpa di Venedico con un sarcastico "Via ruffian! Qui non son femmine da conio!"
Virgilio e Dante giungono al ponte che collega alla bolgia successiva, uscendo così dalla corrente di quell'incessante girare (da quelle cerchie etterne partimmo). Quando giungono sul punto più alto dell'arcata, Virgilio si volta un attimo chiedendo a Dante di prestare maggior attenzione a quei volti che prima non avevano avuto occasione di guardare bene, in quanto procedevano nella stessa direzione. Tra di essi si staglia la figura di Giasone, eroe a capo della spedizione degli Argonauti che con l'inganno rubò il Vello d'Oro, fiero (come Capaneo nel Canto XIV) al punto che per dolor non par lagrime spanda. L'inganno è la colpa che caratterizza questa prima bolgia.
Procedendo oltre, il buon Dante involgarisce un bel po' il linguaggio. Come se l'intero suo narrare dovesse insozzarsi al pari del paesaggio circostante, mette in atto una straordinaria mimesi narrativa; la seconda bolgia ha le pareti grommate d'una muffa per l'alito di giù che vi s'appasta. Nel fosso c'è gente attuffata in uno sterco che pare uscito da una latrina, e Dante vede un capo così di merda lordo che è impossibile stabilire se si tratta di laico o cherco, ovvero stabilire se ha o meno la tonsura.
Quest'ultimo – che si può ben definire letteralmente "nella merda" – si sente osservato e se la prende a male: "Perchè se' tu sì gordo di riguardar più me che li altri brutti?". E qui, giù il cappello per la rimbeccata bastarda di Dante. "Perchè se ben ricordo già ti ho visto coi capelli asciutti". Io un velino di sarcasmo ce lo vedo, voi no?
Si tratta di Alessio Interminelli, guelfo bianco lucchese di cui si sa ben poco. Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe, dice di sè: scopriamo così che ci si trova nella bolgia degli adulatori, dove poco più avanti Virgilio indica una donna (la seconda donna all'inferno dopo Francesca) sozza e scapigliata, intenta a graffiarsi con l'unghie merdose. Si tratta di Taide, che Virgilio qualifica sprezzantemente come la puttana che rispuose al drudo (dal provenzale drut che significa 'amante') con adulazione. A qualcuno potrà venir in mente Shae di Game of Thrones (a me, per esempio). Ok, puliamoci le scarpe dalla fanghiglia e proseguiamo...

I Canti che mi son lasciato alle spalle:

Canto I:   L'Altro Viaggio
Canto II:  L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V:  Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige 
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto XII: Mistiche frane e mitologiche finestre
Canto XIII: Uomini fummo, e or siam fatti sterpi 
Canto XIV: In direzione ostinata e contraria
Canto XV: Abbi cura del mio tesoro
Canto XVI: A costor si vuole esser cortese
Canto XVII: Hell of a charter

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