Dante fa galoppare un po' la fantasia a briglie sciolte e si inventa di sana pianta la creatura mostruosa di turno, senza attingere stavolta – se non blandamente – alla mitologia classica.
Gerione ha il volto d'uom giusto, il corpo serpentino dal manto cangiante, due zampe villose come un leone e la coda di scorpione. Silenzioso, si aggrappa al baratro lasciando fluttuare nel vuoto la lunga coda; mentre i nostri esploratori gli si fanno più vicini, Virgilio suggerisce a Dante di impiegare bene il suo tempo (Acciò che tutta piena esperienza d'esto giron porti) mentre egli va a conferire con il bizzarro tassinaro dell'oltretomba, indicandogli un gruppetto di dannati seduti sul sabbione. Del tipo: "Tesoro, intanto che la mamma paga, vai a giocare con quei bambini sulla sabbia". Gli dà però un tempo (Li tuoi ragionamenti sian là corti), in quanto la trattazione per ottenere un passaggio in groppa (sui suoi òmeri forti) non si prevede lunga.
Questi
miseri dannati piangono (Per li occhi fora scoppiava loro
duolo) cercando di alleviare il
dolore delle braci ardenti con le mani, come fanno i cani con la
zampa sul muso per scacciare pulci, mosche e tafani. Dante non
riconosce nessuno dalla fisionomia (alterata dalle ustioni), ma nota
che portano al collo delle borse con uno stemma (avea
certo colore e certo segno).
La borsa al collo li
identifica come usurai, il cui attaccamento al denaro è ancora
sensibile nel modo morboso con cui la tengono ancora d'occhio (e
quindi par che 'l loro occhio si pasca).
Il
primo stemma che Dante
riconosce è quello degli strozzini fiorentini Gianfigliazzi (leone
azzurro in campo d'oro), il secondo è quello degli Obriachi (oca
bianca in campo rosso) mentre l'ultimo appartiene ai padovani
Scrovegni (scrofa azzurra su campo bianco) il cui rappresentante ultraterreno (si tratta probabilmente di Rinaldo degli Scrovegni)
avvia una breve geremiade. Dopo aver augurato pari dannazione
al concittadino Vitaliano del Dente, politico che fu probabilmente
finanziere di famiglia, Rinaldo riferisce che i suoi
compagni di pena fiorentini spesse fiate gli
'ntronan li orecchi, ovvero con
le loro continue grida lo
assordano, spargendo la loro maledizione sul cavaliere che recherà
la tasca coi tre becchi, cioè
i tre caproni simbolo dei Buiamonte (il
maschio della capra viene detto anche becco).
Di
Giovanni Buiamonte de' Becchi
si pensava che fosse persona onorata e degna del cavalierato da
poco ricevuto; in
breve fu
invece processato per
bancarotta fraudolenta e fuggì
da Firenze; un plot abbastanza comune, insomma, ma meglio non dire "all'italiana", se no Magris bacchetta. Infine lo Scrovegni, cercando una chiosa al suo breve show, ci aggiunge
pure una boccaccia (distorse la bocca e di fuor trasse la
lingua).
Dante se ne torna da Virgilio e lo trova già seduto sulla groppa del fiero animale; riecco il tema ricorrente dell'incoraggiamento del mantoano al pavido Dante: "Or sie forte e ardito", incita il primo mentre l'altro triema tutto ma cerca di nascondere la paura (vergogna mi fè le sue minacce, che innanzi a buon segnor fa servo forte). Vorrebbe che Virgilio lo abbracciasse a mo' di cintura, ma gli manca il coraggio di ammetterlo; allora Virgilio, telepatico come sempre, lo anticipa (con le braccia m'avvinse e mi sostenne) invitando l'aerotaxi Gerione ad andare piano, scendendo con ampi cauti giri per non far l'effetto "montagna russa in picchiata" (lo scender sia poco).
Dante se ne torna da Virgilio e lo trova già seduto sulla groppa del fiero animale; riecco il tema ricorrente dell'incoraggiamento del mantoano al pavido Dante: "Or sie forte e ardito", incita il primo mentre l'altro triema tutto ma cerca di nascondere la paura (vergogna mi fè le sue minacce, che innanzi a buon segnor fa servo forte). Vorrebbe che Virgilio lo abbracciasse a mo' di cintura, ma gli manca il coraggio di ammetterlo; allora Virgilio, telepatico come sempre, lo anticipa (con le braccia m'avvinse e mi sostenne) invitando l'aerotaxi Gerione ad andare piano, scendendo con ampi cauti giri per non far l'effetto "montagna russa in picchiata" (lo scender sia poco).
Segue
un simpatico quadretto in cui il poeta dipinge la sua fifa di volare,
perfino superiore a quando Fetonte abbandonò li freni
(Fetonte voleva fare il figo col
carro del Sole, ma gli sfuggirono le redini e incendiò il cielo
desertificando perfino la Libia, 'sto cojone) o a quando il povero
Icaro sentì squagliarsi le ali sulla schiena mentre il padre
sbracciandosi da terra gli gridava che stava sbagliando strada (Mala
via tieni!). Dante sente le urla
dei dannati sottostanti e il fragore del rosso Flegetonte che si
getta a cascata nell'abisso (e il suo fifometro sale). Come il falcone ritorna al falconiere
con ampi giri, quasi disdegnoso di atterrare, Gerione plana sul fondo
dell'abisso per lasciare i suoi passeggeri, per poi riprendere il
volo come una freccia scoccata dall'arco (e si dileguò
come da corda cocca).
What before:
Canto I: L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto XII: Mistiche frane e mitologiche finestre
Canto XIII: Uomini fummo, e or siam fatti sterpi
Canto XIV: In direzione ostinata e contraria
Canto XV: Abbi cura del mio tesoro
Canto XVI: A costor si vuole esser cortese
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