mercoledì 2 marzo 2016

Top 100 FILM da vedere (dal n. 7 al n. 5)

7. Casinò (1995) di Martin Scorsese

Qui siamo al top del gangster-movie, un testa a testa col Padrino di Coppola. Un capolavoro firmato Scorsese con una perfetta Sharon Stone, sfavillante dea di Las Vegas che scende a rotta di collo verso l'autodistruzione, e un Joe Pesci tosto, cattivo e brutto per davvero; ma vogliamo mettere a confronto questo piccolo bastardissimo gangster con quei patetici 'incattiviti ad hoc', muscolosi, tatuati, col naso da pugile e l'occhio bovino? Per tacere poi della glaciale flemma dello scagnozzo Frank Vincent; pare esca dallo schermo, pronto a spezzarti le rotule con la mazza da baseball, senza cambiare di un grado l'espressione facciale.
Tre ore che volano via come un corto; intorno al solidissimo (direi classico) DeNiro dalle cravatte fucsia gira il mondo della malavita dal marcato accento campano. Là dove i soldi viaggiano in valigetta, in una luccicante oasi artificiale nel bel mezzo di un deserto pieno di fosse tutte da riempire.

6. C’era una volta il West (1968) di Sergio Leone


Straordinarie le sequenze iniziali, dove il silenzio viene scandito dal giocciolìo di una cisterna, il ronzìo di una mosca, il cigolìo di una pala metallica. Sergio Leone ha creato il western perfetto, con un cast ed una colonna sonora semplicemente giganteschi; gli immensi scenari, tra canyon e strade polverose, si alternano a scene d'interno ricchissime, quasi barocche nei dettagli. Il viso duro dagli occhi dolci di Charles Bronson (ovvero del come un attore mediocre può scendere in una parte che gli è totalmente congeniale, rispondere alle esigenze di un regista quasi per un dono naturale), l'azzurro glaciale di Henry Fonda (qui a livelli astrali), la sensualità della Cardinale, il rude e romantico fuorilegge Jason Robards... C'è un'alchimia irresistibile, almeno per quanto mi riguarda, è un film che mostra un'estetica struggente, mai fine a sè stessa, una bellezza artistica immortale, che tocca magicamente le corde del sentimento.

5. Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder

Il declino del mondo del muto non ha mai avuto cantore più grande di Billy Wilder, nè musa più grande della fantomatica Norma Desmond che agghindata da Salomé scende nobilmente verso le telecamere, anche se stavolta son quelle della cronaca nera. Il soggetto è la forza segreta e magnetica di questa immortale black beauty del cinema. Uno scrittore mediocre di nome Joe Gillis (un ancora verde ma già magnifico William Holden) capita accidentalmente in una vecchia villa, un luogo dove "il tempo sembrava colpito da paralisi", "che si disfaceva in solitudine, lentamente". Una indimenticabile Gloria Swanson è la divina Norma Desmond che "camminava come una sonnambula sull'orlo della voragine del suo passato". Ed ha ragione da vendere Rober Ebert quando affermava che "la performance che conferisce risonanza emotiva al film rendendolo reale nonostante la sua gotica stravaganza" è quella di Von Stroheim, funereo e devoto maggiordomo dal passato insospettabile. Le esequie notturne della scimmia nella piccola bara bianca, la triste notte di capodanno in una lustra sala da ballo senza ospiti, il tavolo di poker con vecchie glorie del muto, definite da Gillis i "manichini di cera" (fa un certo effetto vedere Buster Keaton dire "passo" con voce cavernosa); quante sono le sequenze che fotografano alla perfezione questa stravagante e gotica tragedia in bianco e nero. Nella montagnola della mia classifica personale, lotta con pochi altri titoli per la vetta.

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