mercoledì 29 ottobre 2014

Il ladro di Bagdad (1924)


Regia: Raoul Walsh
Attori: Douglas Fairbanks
Scenografie: William Cameron Menzies
Costumi: Mitchell Leisen

https://www.youtube.com/watch?v=mFOjCXzaOgAFilm muto del 1924 firmato dal grande Raoul Walsh, una autentica perla del genere fantastico e avventuroso, più propriamente lo swashbuckler - letteralmente "furfante" - che in Italia viene incluso nel pentolone del "cappa e spada". L'aggettivo calza a pennello al protagonista indiscusso della pellicola, l'istrionico "King of Hollywood" Douglas Fairbanks, stella dalla fisicità esplosiva e dalla gestualità esasperata, con quei baffetti curati, il ricciolo e la basetta sempre freschi di barbiere e i vistosi pendagli zingareschi alle orecchie. Un vero e proprio mattatore del set negli anni di maggior gloria, quando ancora non erano nati i talkies; attualizzando, il protagonista di "The Artist" - il bravissimo Dujardin - si è manifestamente ispirato a lui. A debita distanza dalla primastella, si affianca il resto del cast: la bella Julanne Johnston nell'interpretazione maior di una carriera non proprio folgorante, la civettuola Anna May Wong che invece un po' di strada in più ne fece (fu la sensuale cortigiana di Marlene Dietrich in Shanghai Express), un affilato Sojin Kamiyama nei panni del malvagio principe mongolo, il caratterista Snitz Edwards che interpreta il  socio in ruberie e uno ieratico Charles Belcher nei panni di un imam.
In questa setosa pellicola, l'occhio viene sedotto dalle fascinose nuances che 'catalogano' le sequenze: giallo seppia o rosa per differenziare gli interni, un giallo più marcato per il deserto, l'intenso blu della notte, il verdastro limaccioso degli abissi. Si tratta del cosiddetto viraggio fotografico, operazione chimica che consente di "virare" appunto il colore dal classico bianco-nero ad altre tonalità mediante la combinazione tra l'argento metallico e altre sostanze coloranti. Al di là di questo trucchetto cromatico, comunque, l'effetto visivo più straordinario deriva dagli stravaganti e sfarzosi costumi di Mitchell Leisen oltre che dalle favolose scenografie di William Cameron Menzies, vero trionfo di legno, tessuti, gesso e cartapesta tra architetture esotiche, antri, vicoli,  giardini e profondità del mare.
Certo gli effetti speciali dell'epoca fanno sorridere, se confrontati con le tecniche digitali moderne. Ma la battaglia subacquea contro un improbabile ragno gigante degli abissi, o il vortice dell'invisibilità con cui il baldanzoso Fairbanks strappa la bella dalle grinfie del villain hanno qualcosa di poetico,  non possono lasciar indifferenti i visionari sognatori di vecchio stampo.

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