Diario di visione del blu-ray, una edizione piuttosto spartana Universal/StudioCanal ma di ottima qualità delle immagini,
parecchio tempo dopo l’ultima visione in TV (almeno dieci anni fa, forse di
più).
Sin dal primo clic su “inizia
film”, parte l’amalgama perfetto. I titoli di testa minimal esaltano la strepitosa colonna sonora scritta dallo stesso Carpenter in collaborazione con
Alan Howarth, veterano del sound design e degli effetti sonori. Un refrain cupo
e malinconico al synth che ha fatto storia.
Le prime scene tra il sonoro
degli elicotteri, i fari nella notte, le mura bluastre e i poliziotti
dall’assetto futuristico preparano lo spettatore all’atmosfera distopica del
film (alcuni fondali disegnati dal giovane James – Jim nei credits - Cameron);
arriva la prima apparizione di KURT RUSSELL, figura illuminata con toni quasi
incandescenti che staglia nell’oscurità attorno, scende dal bus blindato sotto
scorta con un’aria da ceffo, barba incolta e capello lungo, benda da pirata,
andatura da cow-boy e mise perfetta per un antieroe del noir fantascientifico
(costumi di Stephen Loomis… un cognome che dirà qualcosa a chi conosce la
filmografia di Carpenter). L’antagonista iniziale è l’immenso LEE VAN CLEEF,
nasone a becco d’aquila e orecchino da pirata, commissario di quelli tosti.
Il cuore sussulta quando avviene
il fatto che scatena il plot. Un aereo (l’Air Force presidenziale) si schianta
sullo skyline di New York; come non pensare all’11 settembre? La missione
recupero di Snake Plissken viene assegnata, il suo gullfire planerà silenzioso
sopra il tetto delle Twin Towers per un secondo sussulto emotivo. E siamo
decisamente, pienamente, angosciosamente dentro al film.
Che atmosfera la New York
distopica trasformata in un gigantesco carcere a cielo aperto. Sin dall’arrivo
in un grattacielo desolato, con ombre che fuggono sullo sfondo – sottolineate
con rapidi commenti sonori – per poi scendere nelle buie strade interrotte qua
e là da pire incandescenti, Plissken, fucile alla mano, sgattaiola nei meandri
di una devastazione reale (molte scene furono girate a St. Louis dopo che un
incendio aveva devastato un intero quartiere) che farà poi da modello a Blade
Runner l’anno successivo.
La grandiosa intuizione cyberpunk
di fondere le maschere del vaudeville agli scenari post-apocalittici trova la
massima espressione nella scena dello spettacolino al Fox Theatre (anche in
questo caso si tratta di quello di St. Louis), dove incrociamo il mitico ERNEST
BORGNINE nei panni di un tanto improbabile quanto romantico tassista in un
mondo desolato e violento. Anche il lunatico Duca di New York, villain dal
costume fumettistico, interpretato dall’icona soul ISAAC HAYES rientra
potentemente in questo immaginario, accompagnato dalla maschera grottesca
(potrebbe figurare benissimo tra i replicanti di Ridley Scott) del folle
Romero, l’attore Frank Doubleday.
Last but not least, la grandiosa
parabola politica di Carpenter in piena guerra fredda e in un’America appena
uscita dallo scandalo Nixon. Una visione “sinistra” e “di sinistra”, certo, ma
se qualcuno oggi potrebbe sbeffeggiare la “profezia mancata” di una involuzione
così cinica di Manhattan (e dell’America in generale) qualcun altro potrebbe
sensatamente considerare che anche se non sempre ci sono rottami fumanti a
dividere i quartieri, la ghettizzazione esiste e si può proporre perfino su
larga scala (il muro tra USA e Messico, per dirne una). Così come la minaccia
nucleare. Noi ci consoliamo con Snake (Iena) Plissken e la sua piccola
vendetta, il nastro di una cassetta che si srotola nella scena finale mentre un
presidente inebetito ascolta le note di un boogie, inaspettata “soluzione di
tutti i conflitti”.
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